Il rapporto fra gatti e scrittori è qualcosa che attraversa la storia della letteratura in ogni epoca e ad ogni latitudine. Si tratta di un binomio che è ormai entrato a far parte dell’immaginario collettivo, ma non solo. Sono nate librerie e caffè letterari che decidono di aprire le porte ai gatti in modo che i loro clienti possano godere della presenza dei mici e – perché no – adottarli. Quel che è certo è che tra scrittura e lettura i gatti sono diventati fedeli e silenziosi amici a quattro zampe di chi riempie le pagine dei libri e chi le sfoglia.
C’è da dire che il gatto rappresenta una compagnia discreta in lavori d’intelletto come quelli della scrittura e della lettura, tradizionalmente compiuti in solitaria tranquillità. Questa potrebbe già essere un’ottima ragione dell’incredibile sodalizio fra penne e felini, ma probabilmente c’è di più.
I gatti hanno dimostrato di poter essere una grande fonte di ispirazione per alcuni dei loro padroni letterati. Sono certamente fedeli confidenti, ma possono anche diventare muse pelose e baffute. Ne è prova il fatto che la presenza di un felino è talvolta arrivata a ispirare o comunque influenzare le opere letterarie di tanti scrittori.
Scrittori amanti dei gatti
L’esempio più noto di scrittore amante dei gatti è quello di Ernest Hemingway, spesso fotografato assieme ai suoi amici a quattro zampe. Cosa tutt’altro che improbabile dal momento che viveva in una colonia felina a Key West, in Florida, tutt’oggi visitabile e ancora densamente popolata da gatti.
Tra gli amanti dei felini non mancano altri noti Premi Nobel per la Letteratura come Doris Lessing, Jean-Paul Sartre, Thomas Stearns Eliot, Albert Camus e Wislawa Szymborska, solo per citarne alcuni.
Ripercorrendo la storia della letteratura è doveroso citare il poeta Pablo Neruda, autore di una celebre Ode al gatto, al pari del poeta maledetto Charles Baudelaire, che al suo felino domestico dedicò ben tre componimenti. Un esempio analogo si ritrova nell’opera di Edgar Alan Poe, che fece del pregiudizio verso i gatti neri il motore narrativo nel famoso racconto gotico intitolato The black cat.
Ancora gatti e ancora scrittori. Secondo Leonard Huxley il segreto dei suoi successi letterari era ben preciso e decise di condividerlo con gli aspiranti scrittori. Se volete scrivere – dichiarò – tenete vicino un gatto. Forse perché, come ha confidato Joyce Carol Oates, ogni tanto una gatta si siede in grembo a uno scrittore e non ci si può alzare se non la si vuole svegliare.
Raymond Chandler definiva il suo gatto di nome Toki come un prezioso segretario felino e spesso gli leggeva le prime stesure dei suoi romanzi. Per non parlare di George Sand, del quale si racconta che a colazione bevesse il latte nella stessa tazza della sua piccola Minou.
E in Italia? Torquato Tasso e Francesco Petrarca dedicarono diverse pagine ai loro gatti, ma possiamo citare esempi più recenti, come Italo Calvino ed Elsa Morante.
La lista di scrittori amanti dei gatti è pressoché infinita e piena di curiosità.